CASE HISTORY
Riproponiamo un articolo di Lorenzo Villa, che ci racconta di Packlist e Drorys due siti produttivi, in Piemonte e Campania, grandi clienti e alti volumi sempre più frammentati: ecco le sfide vinte (anche) grazie alle nostre soluzioni gestionali.
Rilanciare il business delle etichette in alti volumi,
tra ricerca e razionalizzazione
di Lorenzo Villa
Raccontandovi di etichettifici impegnati a innovare e digitalizzare le proprie attività, ci troviamo spesso di fronte a fornitori di settori ricchi o di nicchia. Chi ogni giorno deve produrre commesse piccole e complesse, rispondendo a bisogni di nobilitazione e variabilizzazione spinta, è senza dubbio il target ideale delle tecnologie digitali e ibride. Più complesso e selettivo è invece il segmento degli altissimi volumi, dove la competizione è limitata a pochi operatori, e la sfida si gioca sui milioni di pezzi e su marginalità non sempre favolose. La storia di Drorys Packlist ha inizio a Torino, negli anni Quaranta, quando Twila Shaul Drory, con la sua Drorys Import Export, comincia a commercializzare etichette prodotte da Avery, diventando un antesignano dell’autoadesivo in Italia. Nel 1969 l’azienda piemontese installa la prima macchina da stampa e di lì a poco viene costituita Packlist, specializzata nella produzione di etichette in alti volumi. Il sodalizio tra Drory e Piergiulio Brocani, responsabile commerciale dell’azienda, consente a Drorys Packlist di acquisire clienti del calibro di Ferrero, Coppertone, Kraft, Palmolive e Ilva, e costituire una filiale produttiva nel Sud Italia, nel 1991. Nel 2000 l’azienda arriva a stampare 2,5 miliardi di etichette per il marchio Tic Tac di Ferrero. Appena due anni dopo, però, il mercato cambia: Ferrero esige di produrre le etichette in prossimità dei suoi siti in Irlanda, Canada, Polonia e nel resto del mondo. L’etichettificio italiano, però, non reagisce e resta fuori dai giochi. Parallelamente l’Italia adotta l’euro, azzerando il vantaggio competitivo correlato al cambio della lira con il dollaro e altre valute. Nel 2007, alla morte del suo fondatore, Drory’s Packlist viene lasciata in eredità a una fondazione scientifica israeliana.
Il nuovo corso, oltre l’etichetta
Dopo anni di tentate vendite e mancati investimenti, nel 2014 la proprietà si convince che lo storico collaboratore di Drory, Piergiulio Brocani, è l’unico acquirente possibile, e l’azienda passa di mano. «Per quanto fosse difficilissimo in un’azienda vecchia, legata a business consolidati, abbiamo cambiato rotta», racconta Gabriele Brocani, figlio di Piergiulio e attuale CEO dell’azienda. «La svolta è stata possibile grazie a Drorys Sud, la nostra filiale nel Sud Italia, che si è concentrata su ricerca, sviluppo e realizzazione di nuovi prodotti. Abbiamo poi confermato la partnership con Ferrero e avviato nuove collaborazioni con brand come Heineken, Gazprom e tanti altri». La Drorys Sud di Palomonte (SA), oggi parte del gruppo Drorys Packlist, si concentra su processi di spalmatura di adesivo, accoppiature, integrazioni e sviluppo di nuovi concept. Dei circa 100 collaboratori dell’azienda, 70 lavorano presso Drorys Sud. La sede piemontese resta però il cuore pulsante dell’azienda, dove hanno sede la direzione, l’amministrazione, la contabilità e alcuni dei principali impianti produttivi.
Competizione globale, competenze locali
Per la natura del suo business e la dimensione dei suoi clienti, Drorys non compete con i piccoli e medi etichettifici, ma affronta quotidianamente la concorrenza dei giganti del settore. «I nostri competitor sono CCL, Multicolor, All4Label e aziende che hanno una presenza globale ed economie di scala impressionanti», spiega Brocani. «Ma siamo nati così, facciamo fatica a cambiare pelle e le tecnologie digitali, seppur valide, per noi sono quasi irrilevanti. Nel 2000 siamo stati i primi a installare una Xeikon e da allora ne abbiamo avute cinque, ma sarei disonesto se dicessi che per noi è stata una tecnologia di svolta». Al pari di tutte le aziende che vengono da un background analogico e da logiche di volume, per Drorys Packlist la stampa digitale è poco più che un vezzo, almeno finché essa non eguaglierà o migliorerà i costi e le prestazioni della stampa tradizionale. Su questo punto Brocani ha le idee chiare: «Per avere successo col digitale bisogna specializzarsi. La macchina digitale nell’azienda tradizionale non funziona. Non è un problema produttivo, ma strategico e gestionale. Tra i nostri progetti, infatti, c’è un’azienda completamente digitale, che possa servire altri etichettifici».
Razionalizzare per resistere alla frammentazione
Tutti i settori manifatturieri stanno facendo i conti con la razionalizzazione delle produzioni e la personalizzazione spinta. Anche l’etichetta – complici la globalizzazione, la riduzione dei magazzini, la produzione sul venduto, e le mutate esigenze dei consumatori – deve adattarsi a questa tendenza, consentendo maggiore varietà in termini di grafiche, lingue e diciture di legge. «Fino a una decina di anni fa stampavamo enormi quantitativi di etichette per le caramelle Tic Tac, che allora erano disponibili solo nei gusti arancio e menta. Ferrero voleva la rotocalco perché era il processo più sicuro per l’alimentare, ma la globalizzazione ha cambiato i giochi e sdoganato la flexo, dando spazio a una concorrenza generalista». Così, Drorys Packlist si avvicina a nuove tecnologie e mercati, tra cui la stampa su poliestere delle sorprese per gli ovetti Kinder. «La frammentazione delle commesse ci ha portati a una revisione completa di processi, risorse umane e tecnologie, dal design alla prestampa, fino alla produzione, all’assistenza clienti e ai servizi».
La solutione alle criticità gestionali è nel software
Un apparato profondamente modificato – digitalizzato e suddiviso in due siti produttivi lontani quasi mille chilometri – induce Brocani a rivedere i processi gestionali. «Dovevamo avvicinare Palomonte a Torino, unire due realtà “staccate”, che per troppi anni seguivano percorsi paralleli ma indipendenti. Un esempio? Abbiamo scoperto che pagavamo due prezzi diversi per lo stesso materiale; o che certe commesse venivano gestite a Palomonte anche se la macchina più idonea era a Torino. Così abbiamo centralizzato l’assistenza clienti, la pianificazione della produzione, l’ufficio acquisti e l’amministrazione. Oggi quando arriva un ordine decidiamo dove eseguirlo in base ai carichi di lavoro, alla tipologia di macchine, all’efficienza che desideriamo». L’integrazione, tuttavia, si rivela una sfida ardua, per ragioni tecniche e umane. Il management di Packlist capisce che la produzione è troppo scarsamente informatizzata e che la rilevazione dei dati su macchine di diversa tipologia e generazione è complessa e richiede molto tempo. Analizza così diverse soluzioni sul mercato, scegliendo di affidarsi alla software house italiana Edigit che, con la suite Label-64, propone strumenti integrati di preventivazione, consuntivazione, contabilità, CRM e rilevazione dati a bordo macchina.
Una base installata sempre più eterogenea
Il sito produttivo di Torino è un modello di razionalità; eppure, come gran parte degli etichettifici, presenta una forte varietà tecnologica e di processo. Mentre la prestampa è esternalizzata ad un’azienda terza, in produzione sono presenti tutti i tipi di finitura, due unità serigrafiche, fustellatrici piane e semirotative, due linee tipografiche Gallus R200, una 6 colori per piccole tirature, una linea flexo a 10 colori con moduli serigrafici, hot e cold foil. Vera chicca è la linea dedicata alla stampa delle etichette dei Ferrero Rocher, che ogni anno sforna miliardi di pezzi. Ciliegina sulla torta, il reparto di stampa con certificazione alimentare, equipaggiato con una rotocalco dotata di gruppo flexo intermedio e fustella a fine linea. Qui Drorys Packlist stampa e sagoma uno speciale tessuto destinato alle sorprese degli ovetti Kinder.
I benefici di una produzione gestita
Entrando in produzione, colpisce vedere, accanto a ogni attrezzatura, un PC con lettore di codici a barre, che gli operatori utilizzano per tracciare in tempo reale le commesse, rilevarne i tempi di lavorazione e aggiornarle lo stato. Le macchine di generazione più recente, invece, sono già interconnesse in modo nativo. «Per ogni commessa, l’ufficio pianificazione carica alcuni dati base nel gestionale Edigit e gli operatori li aggiornano man mano che eseguono le varie lavorazioni. Così possiamo sapere in ogni momento cosa sta succedendo, sia a Torino che a Palomonte», spiega Brocani.
Tra i benefici tangibili sperimentati da Drorys Packlist c’è la capacità di rilevare con precisione tempi di avviamento ed esecuzione, nonché il quantitativo degli scarti. «In un’azienda con una storia lunga come la nostra, il rischio di produrre in perdita è altissimo. Il processo preventivo/consuntivo integrato ci ha dato un beneficio e il nostro focus si è spostato dal fatturato alla marginalità. Poi, laddove non possiamo competere con il prezzo, ci giochiamo la partita sui servizi e sulla flessibilità», conclude il CEO di Drorys Packlist.
Il futuro? Al di là della newco 100% digitale, l’azienda torinese punta a raggiungere maggiori livelli di specializzazione, oltre a intensificare la propria ricerca e sviluppo, coordinandola con università e laboratori basati in Europa, Asia e Nord America.
di Lorenzo Villa